Il 23 maggio si celebra in tutto il mondo la Giornata mondiale delle tartarughe: la salute di questi meravigliosi animali purtroppo è in pericolo e, come al solito, noi uomini ne siamo in gran parte responsabili.
Il più grande nemico delle tartarughe è infatti la plastica, sia sotto forma di rifiuti appena sversati in mare, sia sotto forma di microplastiche, quando poi i rifiuti vengono degradati in mare: le tartarughe, purtroppo, mangiano questi rifiuti e rischiano la perforazione dello stomaco.
Come stanno le tartarughe in Italia?
Anche se molti non lo sanno, in Italia vivono ben 8 specie di testuggini e tartarughe: sembrerebbe un’ottima notizia, ma molte sono a rischio di estinzione. Ecco l’elenco che ne fa l’ISPRA:
- Tra le testuggini di terra contiamo: la testuggine di Hermann, in cattivo stato di conservazione, la testuggine marginata presente in Sardegna e la testuggine greca
- Nei corsi d’acqua troviamo la testuggine palustre europea e la testuggine palustre siciliana, entrambe le specie sono gravemente minacciate dal degrado degli habitat e dall’introduzione di specie aliene, in particolare quella palustre americana
- E infine, nei nostri mari si possono trovare tre specie: la tartaruga comune, la tartaruga verde e la tartaruga liuto
Tartarughe e inquinamento: cosa le sta minacciando?
Seguiamo il percorso delle tartarughe a partire da quando sono solamente uova: uno dei pericoli a cui meno si pensa, ma che è comunque alto, è la frequentazione dei siti di deposizione delle uova da parte di noi umani curiosi. In questi siti di nidificazione infatti, anche se ingenuamente, arrechiamo disturbo agli esemplari in fase di nidificazione, ma possiamo anche causare un danno fisico dovuto ad esempio alla pulizia meccanica delle spiagge o, ancora, una possibile collisione con le barche in acqua.
Dopo la schiusa delle uova sulle spiagge, le tartarughe viaggiano trasportati dalle correnti e trascorrono i primi anni della loro vita in mare aperto. È qui che si nasconde una seconda, più grande insidia, cioè la plastica che ingeriscono mentre si nutrono.
«Le tartarughe si sono evolute per svilupparsi in mare aperto in gioventù, dove i predatori sono relativamente scarsi» afferma la dottoressa Emily Duncan, del centro per l'ecologia e la conservazione del Penryn Campus di Exeter, in Cornovaglia, come leggiamo in una notizia dell’AGI. «Tuttavia, i nostri risultati suggeriscono che questo comportamento evolutivo ora le conduce in una 'trappola', portandole in aree altamente inquinate come la Grande Chiazza di Immondizia del Pacifico. Le giovani tartarughe marine generalmente non hanno una dieta specializzata: mangiano qualsiasi cosa e il nostro studio suggerisce che questo include la plastica».
Purtroppo, come evidenziato dallo studio dall'Università di Exeter, nel Regno Unito, e dall’Università di Murdoch, in Australia, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Frontiers in Marine Science, «l'ingestione di plastica può portare alla mortalità per lacerazione, ostruzione o perforazione del tratto gastrointestinale».
Lo studio ha incluso 121 tartarughe marine di cinque specie: verdi, Caretta caretta, embricate, bastarde olivacee e a dorso piatto. I risultati mostrano che
- la percentuale di tartarughe contenenti plastica era molto più alta sulla costa del Pacifico: 86% di caretta, 83% di verdi, 80% di dorso piatto e 29% di bastarde olivacee
- sulla costa dell'Oceano Indiano, il 28% delle dorso piatto, il 21% delle Caretta caretta e il 9% delle tartarughe verdi conteneva plastica
- la plastica nelle tartarughe del Pacifico era per lo più composta da frammenti duri, che potevano provenire da una vasta gamma di prodotti utilizzati dagli esseri umani
- al contrario la plastica dell'Oceano Indiano era per lo più composta da fibre, forse provenienti da corde o reti da pesca
Purtroppo, la sfida di ripulire il mare dalla plastica interessa anche questi meravigliosi esseri, che dobbiamo sforzarci sempre più di proteggere.
Impara a rispettare il mare con i nostri consigli