Uno dei primi report dell’ISPRA sulle emissioni del 2020 ci conferma un’idea che si stava formando già da qualche tempo: la crisi legata al Covid sta portando a un paradossale effetto positivo sulle emissioni. Già, perché come abbiamo visto a inizio pandemia e verificato ancora a settembre, il fatto che per un lungo periodo l’attività produttiva sia stata limitata soltanto all’essenziale e che lo smart working sia sempre più diffuso, hanno portato il beneficio insperato di una riduzione delle emissioni. Purtroppo si tratta di un effetto collaterale di questa pandemia, benché positivo, ma – forse – possiamo sperare di aver imparato qualcosa e di non tornare a un business as usual quando sarà finita.
Cosa dice l’ISPRA sulle emissioni di CO2 nell’ultimo anno
Partiamo da ciò che sappiamo: ancora non sono disponibili i dati su tutto l’anno, ma già quello che emerge sui primi nove mesi del 2020 ci fa ben sperare, almeno per quest’anno.
Nel comunicato stampa dedicato al terzo trimestre, infatti, l’ISPRA fotografa questa situazione:
- C’è una consistente riduzione delle emissioni per la produzione di energia elettrica (-11,8%) causata dalla minore domanda di energia e dalla riduzione dei consumi
- Nei vari settori la minor domanda riguarda soprattutto i settori di: industria (-9,1%), trasporti (-14,6%) a causa della riduzione del traffico privato in ambito urbano, e riscaldamento (-7,0%) per la chiusura parziale o totale degli edifici pubblici e delle attività commerciali
Sulla base di questi dati e grazie al confronto con il 2019, l’ISPRA dichiara di attendersi una riduzione delle emissioni del 9,2% sull’intero territorio nazionale rispetto al 2019, a fronte di una riduzione prevista del PIL pari all’8.2%.
Si tratta di un dato enorme, soprattutto se pensiamo che la diminuzione delle emissioni nel 2019 sul 2018 è stata solo del 2,8% e che questa discesa è ancora più marcata di quella che l’Istituto aveva prospettato ad agosto, quando il calo nel 2020 sembrava dovesse limitarsi al 7,5%.
«Tale riduzione comunque non contribuisce alla soluzione del problema dei cambiamenti climatici, che ha invece necessità di modifiche strutturali, tecnologiche e comportamentali che riducano al minimo le emissioni di gas serra nel medio e lungo periodo».
Insomma, le parole dell’ISPRA non sono di successo né di elogio per le azioni intraprese fino adesso: è chiaro che il calo delle emissioni è dovuto alla crisi determinata dal Covid, non da un piano ambientale convincente di istituzioni nazionali ed europee che, anzi, hanno visto uno stallo.
Riduzione delle emissioni e Coronavirus
Due facce di una medaglia pesante
Riduzione emissioni e Covid: lo stimolo definitivo per l’economia circolare?
Il comunicato pone l’accento anche sulla questione economica, tema immediatamente adiacente a quello di virus ed emissioni: nel 2019, infatti, i dati ufficiali dell’Ispra mostravano una diminuzione delle emissioni di gas serra rispetto al 2018 soltanto dello 2,8%, mentre nello stesso periodo si è registrato una crescita del PIL pari allo 0,3%.
Ecco che questi numeri, sommati soprattutto alla crisi di quest’anno, ci confermano il disaccoppiamento tra l’andamento delle emissioni e la tendenza dell’indice economico. Potrebbe essere – cercando un lato positivo a questa pandemia – il primo segnale della conversione verso un’economia circolare e sostenibile?
I cambiamenti climatici, infatti, non solo determinano grossi problemi ambientali, ma fanno sì che certe attività non siano più redditizie, a partire – per esempio – dall’uso dei combustibili fossili per produrre energia.
Non è un caso, insomma, che sia arrivato finalmente il momento giusto per attuare il Green Deal e che nel Recovery Fund grande spazio sia dato all’economia verde.
Nell’interessante report della McKinsey & Company del 3 dicembre si parla, anzi, di come la transizione verso l’obiettivo delle emissioni zero possa essere a costo netto zero: per ottenere questo risultato, è necessaria però l’azione coordinata e contemporanea in cinque settori cruciali: elettrico, trasporti, costruzioni, industria e agricoltura. Certo, non si parla di non spendere, ma del fatto che l’aumento dei costi delle attività in alcuni settori, causato dalla riduzione delle emissioni, sarebbe controbilanciato dai risparmi ottenuti in altri comparti: questo significa che ci sarà un cambiamento nel peso e nei costi di alcuni settori produttivi rispetto gli altri, muovendosi verso l’economia circolare che sperabilmente diventerà il pilastro del futuro economico prossimo.
Per quanto il Covid sia un terremoto che ancora sconquassa noi tutti e il nostro sistema produttivo, possiamo almeno vedere un lato positivo di quanto accade: la rivoluzione verde gode oggi di una spinta in avanti sostanziale ed è vista ormai come l’unica via di fuga rispetto i cambiamenti climatici e le loro conseguenze.
Immaginiamo insieme le città del futuro