Argomento che ritorna ciclicamente nelle cronache, il dissesto idrogeologico è ormai un triste leitmotiv del nostro Paese, con episodi che si susseguono sempre più frequentemente, anche a causa del cambiamento climatico. Finalmente, però, sembra che siamo a un punto di svolta: grazie al Green Deal europeo prima e al Next Generation EU (o Recovery Fund) adesso, la programmazione di opere volte a fermare alluvioni e frane potrebbe diventare presto realtà.
Il dissesto idrogeologico in Italia: cause di una situazione complessa
Per prima cosa, indaghiamo cosa significa la locuzione dissesto idrogeologico: con esattezza indica la situazione di degrado di un ambiente causata dall'attività erosiva delle acque superficiali (idro-) su rocce argillose e arenacee (-geologico), quindi poco compatte, o su terreni di qualsiasi genere che però hanno subito intensa deforestazione.
Nel linguaggio di tutti i giorni, questa locuzione ha invece esteso il suo significato fino ad indicare i rischi collegati a potenziali fenomeni idrogeologici (frane, alluvioni, erosioni costiere, subsidenze e valanghe) e, insieme, per indicare i danni che questi causano.
Già da questo primo approfondimento capiamo che le cause di questi fenomeni sono essenzialmente due: la conformazione del territorio così com’è e – al solito – l’azione dell’uomo.
Impariamo infatti dal sito web della protezione civile che:
- Il territorio italiano è caratterizzato da un’orografia complessa (cioè come sono distribuiti i rilievi, colline e montagne) e da bacini idrografici di piccole dimensioni, che si riempiono quindi rapidamente quando piove e altrettanto rapidamente vanno in piena ed esondano. I due fattori combinati insieme, poi, acuiscono in maniera esponenziale i rischi, causando colate di fango e improvvise piene che travolgono i centri abitati a valle
- Il fattore umano amplifica queste condizioni naturali: «La densità della popolazione, la progressiva urbanizzazione, l’abbandono dei terreni montani, l’abusivismo edilizio, il continuo disboscamento, l’uso di tecniche agricole poco rispettose dell’ambiente e la mancata manutenzione dei versanti e dei corsi d’acqua hanno sicuramente aggravato il dissesto e messo ulteriormente in evidenza la fragilità del territorio italiano», aumentando il rischio stesso
Insomma, la situazione italiana da questo punto di vista appare piuttosto precaria: il rapporto Istat del 2019 rispetto gli obiettivi dell’agenda 2030 mostrava come l’Italia si collocasse in posizione virtuosa in Ue per il contenuto consumo di risorse naturali (Obiettivo 13) ma vede una popolazione esposta a rischio di frane per il 2,2% e di alluvioni per il 10,4%; è evidente che l’obiettivo 15 – vita sulla terra è ancora ben lontano dall’essere raggiunto.
Giusto di un anno fa – anche se sembra passato molto più tempo – è il rapporto di Legambiente sulle ipotesi di azioni da intraprendere per sfruttare al meglio il Green Deal europeo: questo evidenziava come il rapporto tra la spesa per la prevenzione (in media 300 milioni l’anno dal 1998 al 2018) e per riparare i danni causati dal dissesto (un miliardo all'anno in media, considerando che dal 1944 ad oggi sono stati spesi 75 miliardi di euro) fosse di 1 a 4.
Sempre da più voci emerge la necessità di progettare una seria politica di previsione e prevenzione, non più incentrata sulla riparazione dei danni, ma sullo studio approfondito del rischio idrogeologico, volto ad adottare interventi per la sua riduzione.
Del Green Deal europeo ne avevamo parlato qui
Dissesto idrogeologico, qualcosa si muove sul fronte politico: 262 milioni per 119 interventi
Eccoci un anno dopo a tirare le fila di queste sollecitazioni: il Green Deal ha rischiato una seria battuta d’arresto a causa della pandemia, ma d’altro canto quest’ultima ha evidenziato come, ormai, la transizione verso un’economia verde è indifferibile.
Tra le continue alluvioni, gli smottamenti all’ordine del giorno e, non ultima, la grande risonanza mediatica che ha avuto la tempesta Vaia dell’autunno 2018, finalmente l’occhio dell’opinione pubblica ha concentrato il suo sguardo sul dissesto idrogeologico, aggiungendo ulteriore stimolo a istituzioni e mondo politico, concretizzato oggi nel Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico 2020 (Piano stralcio, Dl 76/2020).
«I lavori non si fermano e non possono fermarsi – afferma il ministro dell'Ambiente Sergio Costa in un comunicato di pochi giorni fa – Stiamo aprendo i cantieri per la tutela del territorio, i più importanti, per proteggere il nostro Paese fragile e affinché non ci siano più tragedie. Si tratta di progetti immediatamente esecutivi e cantierabili».
E prosegue: «Con la stessa legge ai presidenti di Regione che sono commissari straordinari del dissesto idrogeologico abbiamo dato poteri straordinari che riducono del 40% i tempi. Abbiamo inoltre previsto di anticipare ai Comuni il 30% della spesa, in modo da permettere l'attivazione di tutta la procedura per la messa in opera del cantiere».
Nella pratica, il Piano prevede l’assegnazione di 262 milioni di euro alle regioni per interventi che abbiano per scopo la prevenzione del dissesto idrogeologico: Piemonte, Lombardia, Veneto e Toscana sono le quattro regioni che hanno presentato progetti - e ottenuto quindi il relativo finanziamento - per un valore maggiore, di circa oltre 20 milioni di euro (30 la Lombardia). Seguono Lazio, Sicilia, Liguria, Puglia, Emilia-Romagna, Campania, Sardegna e Calabria con stanziamenti compresi tra i 10 e i 20 milioni di euro circa; Marche, Abruzzo, Basilicata, Umbria, Friuli-Venezia Giulia, Molise e Valle d’Aosta ottengono stanziamenti per una cifra complessiva inferiore ai 10 milioni di euro.
Davanti a noi finalmente vediamo un cambio di rotta, auspicando che questi progetti costituiscano un primo passo concreto verso la cura del nostro territorio, aspetto fondamentale per mettere in sicurezza anche il nostro futuro.
E noi, cosa possiamo fare per il nostro territorio?
Prova a seguire i buoni propositi green per il nuovo anno