Un batterio che «mangia» una delle plastiche più difficili da smaltire, il poliuretano: ecco la scoperta del team di ricercatori europei, pubblicata a fine marzo 2020, che potrebbe dare uno sprint importante nel gestire nel modo migliore i rifiuti di plastica, «mangiati» e degradati dai batteri in modo tale da renderti riutilizzabili anziché semplicemente lasciati a inquinare (o recuperati tramite processi chimici). Insomma, un avanzamento davvero rilevante nella lotta ai rifiuti di plastica, ma che deve essere ancora perfezionata perché sia utilizzabile su larga scala. Vediamo insieme di cosa si tratta.
I batteri mangia plastica: degradare il poliuretano per riciclarlo
Il problema di gestire i rifiuti di plastica, limitandoli o riutilizzandoli, è uno dei temi più caldi e importanti del nostro tempo: la plastica è un ottimo materiale, durevole e resistente, ma proprio per questo la sua degradazione è lentissima nel tempo, e certe volte anche un processo inquinante.
Utilizzare i batteri, allora, potrebbe essere un’ottima soluzione per portare la plastica a un livello di degradazione tale da essere pronta per il riciclo o per produrre altri oggetti in plastica. Il gruppo di ricerca composto da numerosi biologi e biotecnologi, appartenenti al Centro Helmholtz per la ricerca ambientale, per la ricerca sulle infezione e all’accademia delle tecnologie di Friburgo, ha lavorato nel quadro del progetto dell’Unione Europea «From Plastic Waste to Plastic Value using Pseudomonas putida» il cui scopo è trasformare i rifiuti di plastica non sostenibili in plastica biodegradabile attraverso le trasformazione biologica, cioè attraverso l’impiego di batteri, piccoli organismi viventi che possono essere spinti a usare la plastica come fonte di energia, come cibo in poche parole. (Puoi leggere l’intera pubblicazione sulla rivista Frontiers in Microbiology)
Il gruppo si è concentrato sui poliuretani, polimeri di plastica utilizzati come schiume e materiale isolante: hanno isolato il batterio Pseudomonas sp. TDA1 a partire da un sito ricco di fragili rifiuti di plastica e questo si è dimostrato in grado di sopravvivere e proliferare in ambiente dove gli unici nutrimenti fossero le pastiche; per sopravvivere, quindi, il batterio è diventato in grado di rompere i legami chimici che compongono il poliuretano.
Come riporta questo articolo di Repubblica, Hermann Heipieper del Centro Helmholtz per la ricerca ambientale-UFZ di Lipsia in Germania, portavoce del team, afferma che: «Potrebbe essere un piccolo passo verso la risoluzione di uno dei problemi più complessi che minacciano la salute della Terra. I batteri possono utilizzare questi composti come unica fonte di carbonio, azoto ed energia e rappresentano un incentivo importante nel riutilizzo di prodotti di difficile smaltimento». In dieci anni potrebbe essere possibile usare il batterio su larga scala, ma il processo da affrontare è appena agli inizi, perciò nel frattempo rimane fondamentale diminuire la quantità di plastica nell’ambiente e limitare l’uso di quella non riciclabile.
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I batteri mangia plastica non sono una novità: tutte le altre scoperte dei biologi
Questa scoperta non è però la prima che tratta di batteri e plastica: altri importanti ricerche avevano dimostrato come degli organismi siano in grado di digerire alcuni tipi di plastica, degradandola in parte o del tutto.
Anche il PET si può degradare: una studentessa sul palco del TED
Sempre riguardo al polimero PET si era concentrata nel 2016 una giovane ricercatrice, Morgan Vague, studentessa di biologia presso il Reed College in Oregon. Come racconta con grande semplicità in un TED Talk tutto da vedere, la ricercatrice ha messo a «dieta forzata di plastica PET» alcuni tipi di batteri, per verificare se qualcuno di questi sopravvivesse e proliferasse. La ricercatrice sottolinea anche che questi batteri sono selezionati attraverso un processo naturale - sopravvivono quelli che imparano a usare la plastica come nutrimento - non li ha modificati in alcun modo: proprio per questo, però, si tratta di un processo molto lento e, come per il batterio che mangia il poliuretano, ci vorrà molto lavoro prima che diventi un sistema applicabile su larga scala.
La scoperta, per caso, della PETasi
Nel 2018 un gruppo di ricerca ha scoperto un enzima mutante in grado di digerire il PET, una delle plastiche più utilizzate in assoluto – quella di bottiglie e contenitori, per capirci. In realtà questo enizima - Ideonella sakaiensis soprannominata PETasi - è un organismo già noto dal 2016, individuato in una discarica di rifiuti in Giappone dove ha, per così dire, imparato a mangiare la plastica. Proprio per questa sua capacità, un team di ricercatori britannici dell'Università di Portsmouth e statunitensi del Laboratorio Nazionale delle Energie Rinnovabili ne stava studiando la struttura molecolare: alterando questo enzima al fine di studiarlo con più facilità, hanno ottenuto un risultato decisamente inatteso: il batterio è diventato più efficace e veloce del 20% nel digerire la plastica. (Puoi leggere la pubblicazione sulla rivista PNAS - Proceedings of the National Academy of Science of the United States of America.)
Ancora una volta, c’è ancora molto lavoro da fare prima di poter usare questo enzima sui nostri rifiuti, ma la buona notizia è che questo, pur non degradando del tutto il PET, è in grado di scindere il polimero fino ai componenti base della plastica, rendendola riutilizzabile: significa – almeno in teoria - che non avremo più bisogno di recuperare altro petrolio e, di conseguenza, potremo ridurre la quantità di plastica nell’ambiente.
Forse i batteri mangia plastica non saranno la soluzione definitiva ai problemi di inquinamento, ma potrebbero dare un importante contributo: non sarebbe male gettare i rifiuti in una struttura piena di batteri che li degradano per noi, no?
Nel frattempo, possiamo usare la bioplastica
Una soluzione che è già realtà