I resi online sono un servizio fondamentale nel mondo degli e-commerce: sono una delle “molle” fondamentali che spingono a comprare in maniera impulsiva dato che, se proprio il prodotto non fosse adeguato o non lo si volesse più, è possibile fare il reso e ottenere il rimborso o una sostituzione.
La realtà, però, è ben più opaca: i resi sono un problema non solo per l’ambiente ma per gli stessi e-commerce. Nella pratica, infatti, anche questo servizio sta iniziando a cambiare: notizia di maggio è che il colosso della fast fashion Zara ha deciso che i resi online non saranno più gratuiti. Scopriamo perché e cosa sta cambiando.
La gestione dei resi degli e-commerce è un bel problema
Con la spinta data dalla pandemia, gli acquisti online sono cresciuti in maniera esponenziale, portando a un boom anche per le aziende di logistica, che sono coinvolte ovviamente per prime anche nel caso dei resi.
Quando si effettua un reso online, i pochi click che compiamo celano in realtà molti passaggi: il pacco che abbiamo a casa deve essere ritirato da un corriere, riportato in magazzino dove il prodotto sarà ispezionato ed eventualmente reimmesso nella catena logistica. A volte, soprattutto se il prodotto è di poco valore, all’azienda conviene buttarlo anziché sostenere i nuovi costi di impacchettamento, stoccaggio ecc.
Ultimamente, di conseguenza, si stanno diffondendo nuove pratiche per limitare i resi: ad esempio, ci sono e-commerce che rimborsano gli acquisti agli utenti insoddisfatti senza chiedere indietro il prodotto, evitando quindi il resto.
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Resi online: cosa sta facendo Zara? E gli altri brand?
Spinti dai costi sempre più importanti dei resti, sia a livello economico che sociale ed ambientale, Zara ha recentemente deciso di far pagare una commissione di 1,95 sterline per i resi gestiti da terze parti, ad esempio alla posta. Per ora l’azione di questo brand così famoso interessa soltanto il Regno Unito e non riguarda i resi presso i negozi Zara, che rimarranno gratuiti, ma sicuramente è un primo cambio di passo molto significativo.
Anche Uniqlo ha applicato una politica simile, chiedendo di pagare 2,95 euro per il reso dei prodotti acquistati online, che saranno scalati dal rimborso, offrendo la possibilità di farlo una sola volta per lo stesso ordine.
Molti altri brand stanno cercando una strategia per limitare il numero di resi, ad esempio rendendo obbligatoria la compilazione di un questionario che chiede i motivi del reso, mostrandone l’impatto ambientale in termini di CO2.
Ancora, altri e-commerce, specialmente di elettrodomestici, chiedono prima al cliente una foto dettagliata dell'oggetto che si vuole rendere e provano a risolvere la questione offrendo un rimborso parziale oppure di sostenere la riparazione, prima di proporre un reso.
Insomma, da leva commerciale oggi i resi sono diventati un problema per le aziende, che finalmente cambiano le proprie politiche ottenendo così di salvaguardare anche l’ambiente.
Come possiamo fare acquisti sostenibili online?