Addio agli oggetti in plastica monouso, i comodi, diffusissimi ma altrettanto dannosi usa-e-getta. Dal 2021 numerosi articoli che facevano parte della nostra quotidianità – bottigliette, cotton fioc, posate e piatti, ecc. – non saranno più in commercio, grazie alla recente direttiva dell’Unione Europea che lo scorso giugno ha decretato lo stop alla plastica monouso per combattere l’inquinamento dei nostri mari.
La nuova sensibilità verso il benessere del nostro pianeta – oltre che la spinta data dall'agenda 2030 dell’ONU, per cui la cura dell’ambiente marino è un obiettivo importante – ha fatto sì che già da quest’estate nel nostro Paese si rincorressero le iniziative per arrivare al risultato auspicato in anticipo: dalla Puglia alla Sicilia alla Toscana, la tutela del mare è iniziata dagli stabilimenti balneari.
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Plastica monouso: perché è un problema così pressante?
Per capire meglio perché l’Unione Europea abbia scelto una strada tanto stringente è bene inquadrare il problema partendo dalle cifre. I numeri, in questo senso, parlano chiaro: almeno l’80% dei rifiuti che inquinano i nostri mari sono di plastica, tra questi gli oggetti in plastica monouso rappresentano il 50% del totale.
Il problema principale è che gli oggetti in plastica monouso, come dice la parola, diventano rifiuti dopo essere stati utilizzati solo una volta, magari solo per qualche minuto (quanti bicchieri usa-e-getta hai utilizzato durante l’ultima festa? Ecco, moltiplica questo numero su scala nazionale). In questo modo, li ritroviamo praticamente integri sulle nostre spiagge o galleggianti nel mare a formare vere e proprie «isole di plastica», se non come resti, una volta degradati, nei pesci e nei molluschi che noi stessi mangiamo.
Chi non ricorda la tristemente famosa fotografia di Justin Hofman, finalista al premio «Wildlife Photojournalist Award: Single Image» del 2017, di quel cavalluccio marino che stringeva un cotton fioc trascinandolo per il mare?
Ecco perché la direttiva UE 2019/904 pone un obiettivo così alto: le mezze misure non sono più un’opzione, anche perché le norme previste dovrebbero evitare una spesa di 22 miliardi di euro da qui al 2030. Nella pratica, significa rinunciare a questi oggetti:
- posate di plastica monouso (forchette, coltelli, cucchiai e bacchette)
- piatti di plastica monouso
- cannucce di plastica
- bastoncini cotonati fatti di plastica
- bastoncini di plastica per palloncini
- plastiche ossi-degradabili, contenitori per alimenti e tazze in polistirolo espanso
L’obiettivo è ridurre la quantità di rifiuti, perciò insieme ai divieti è indicata anche la strada da seguire per i produttori, quella del riciclo e delle alternative biodegradabili:
- entro il 2030 tutte le bottigliette dovranno essere prodotte con almeno il 30% di plastica riciclata, con uno step intermedio del 25% entro il 2025
- entro il 2030 tutti gli imballaggi in plastica dovranno essere riutilizzabili o facilmente riciclati
Stop plastica monouso: la situazione dell’Italia
Queste nuove politiche non ci hanno trovati impreparati, ma – come per tutte le nazioni europee – si tratta di obiettivi ambiziosi, per cui il lavoro da fare è maggiore che in altri campi. È vero anche che dietro a queste difficoltà si nascondono possibilità di sviluppo: c’è molto spazio per nuove idee e una nuova mentalità.
L’Italia è ancora lontana dai paesi più virtuosi dell’UE, ma è in linea con la media europea. Se guardiamo ai dati raccolti dal CONAI – Consorzio Nazionale Imballaggi infatti possiamo dirci incoraggiati: nel 2018 la percentuale di recupero complessivo degli imballaggi è aumentata del 3% rispetto al 2017 e sono stati riciclati il 43,4% di quelli di plastica; manca ancora poco, insomma, per raggiungere i due obiettivi di riciclo del 50% per il 2025 e del 55% del 2030.
Come dicevamo, inoltre, molte istituzioni e associazioni di commercianti si sono già adoperate per abbracciare la nuova direttiva plastic free in anticipo: Puglia, Sicilia e Toscana sono state le prime Regioni - d’accordo con gli stabilimenti balneari – a firmare delle ordinanze per vietare sulle spiagge l’uso (e la vendita) di prodotti in plastica monouso, favorendo invece l’introduzione di quelli biodegradabili.
C’è stata però una battuta d’arresto a questo processo virtuoso, quando il TAR della Sicilia ha accolto il ricorso promosso dalla Federazione Gomma Plastica/Unionplast: i rappresentanti delle associazioni dei produttori hanno fatto leva sul fatto che non fosse urgente e necessario attuare queste politiche già dal 2019, ottenendo un risultato a loro favore.
Che il vento sia ormai cambiato, però, lo testimoniano anche i tanti supermercati che stanno eliminando dai loro scaffali posate e piatti di plastica usa-e-getta: il fatto che se ne facciano carico prima della scadenza segnala come i loro clienti abbiano già compiuto il passo verso un nuovo tipo di consumo sostenibile.
Ognuno di noi può fare il primo passo