A inizio giugno il Parlamento Europeo ha messo la parola fine alla vendita di auto con motore termico. Durante una seduta plenaria, infatti, i deputati hanno votato lo stop alla vendita di auto diesel e benzina entro il 2035 per raggiungere l’obiettivo di emissioni zero entro quell’anno per quanto riguarda la mobilità stradale. La proposta, studiata per contribuire al raggiungimento degli obiettivi climatici UE per il 2030 e il 2050, ha ottenuto grande risonanza e ha anche scatenato polemiche nel contesto del mondo industriale interessato da questo cambiamento epocale.
Stop alla vendita di auto diesel e benzina: qual è il provvedimento?
Lo stop alle auto a benzina e diesel votato in seduta plenaria dell'Europarlamento è stato approvato con 339 voti a favore, 249 contro e 24 astenuti.
Il testo era stato proposto dalla Commissione Europea insieme a un pacchetto di misure sul cambiamento climatico: per quanto riguarda la mobilità stradale l’obiettivo era quello di raggiungere emissioni zero entro il 2035, stimolando i produttori a ideare nuovi veicoli a zero emissioni. Ci sono poi due obiettivi intermedi di riduzione delle emissioni: già nel 2030 si dovrebbe scendere al 55% per le automobili e al 50% per i furgoni.
Partendo da questa votazione, ora gli eurodeputati devono negoziare con i vari governi dei Paesi le modalità di adozione del provvedimento. Certo è che da questo punto fermo, ormai, non si può tornare indietro: come leggiamo nella nota stampa del Parlamento Europeo, il relatore Jan Huitema (Renew, NL) ha dichiarato che «una revisione ambiziosa degli standard di CO2 è un elemento cruciale per raggiungere i nostri obiettivi climatici. Con questi standard, creiamo chiarezza per l'industria automobilistica e stimoliamo l'innovazione e gli investimenti per le case automobilistiche. Inoltre, l'acquisto e la guida di auto a emissioni zero diventeranno più economici per i consumatori. Sono entusiasta che il Parlamento europeo abbia appoggiato una revisione ambiziosa degli obiettivi per il 2030 e abbia sostenuto un obiettivo del 100% per il 2035, fondamentale per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050».
Cosa sta facendo la UE per il cambiamento climatico?
Stop auto 2035: le reazioni al provvedimento
Dato che si tratta di un cambiamento epocale, dal grande impatto anche immediato sull’industria automobilistica e tutto il suo indotto, non dobbiamo meravigliarci se ci sono state numerose reazioni anche contrarie a questa risoluzione.
Una delle critiche principali è stata fatta in Italia dal centro destra, poiché il PPE – partito europeo in cui Forza Italia e Lega si riconoscono – aveva proposto un emendamento che prevedeva una riduzione delle emissioni di CO2 del 90% invece che del 100%, ma non è stato approvato.
È interessante e rilevante per noi italiani sapere però che è stato invece approvato un emendamento bipartisan detto «salva Motor Valley» pensato per proteggere la produzione di supercar in Emilia-Romagna, dove i marchi quali Ferrari e Lamborghini hanno sede: le case automobilistiche che producono fino a 10 mila mezzi l’anno potranno beneficiare di una deroga fino al 2036 per abbattere le emissioni dei propri veicoli.
Come leggiamo su molti giornali, ad esempio in questo articolo del Sole 24 Ore, le proteste dal mondo produttivo non sono tardate ad arrivare, paventando la perdita di posti di lavoro. Ma i problemi che possono colpire il settore sono veramente colpa di questo provvedimento oppure si sarebbero comunque presentati dato che il mercato si muove comunque in questa direzione e perché non è più possibile continuare come si è sempre fatto?
In realtà, questa votazione avrebbe dovuto riguardare anche altri temi fondamentali per il contrasto al cambiamento climatico ma, se possibile, ancora più divisivi: nel pacchetto erano previsti infatti anche la riforma del mercato degli Ets (Emission Trading Scheme, la «Borsa» delle emissioni di gas serra), l’introduzione della cosiddetta Carbon Tax (Carbon Border Adjustment Mechanism, una proposta di tassazione per le aziende che producono all'estero e che quindi non sono soggette al mercato degli Ets europeo) e il Social Climate Fund, un fondo sociale per sostenere i soggetti più vulnerabili e colpiti dalle nuove strette ambientali di Bruxelles. Tutti questi provvedimenti sono stati per ora bocciati e “rimandati” a ulteriori discussioni in Commissione.
Insomma, quando si tratta di tematiche così complesse, che coinvolgono i tessuti produttivi di tutta Europa, non è sempre facile comprendere quanto un provvedimento sia equo e bilanciato, me è fondamentale tenere la barra dritta verso un nuovo modo di produrre e consumare che ci aiuti a contenere il riscaldamento globale e a limitare il cambiamento climatico.