Una moneta totalmente digitale, smaterializzata: non si penserebbe mai che inquini, giusto? Invece, non è affatto così: l’inquinamento provocato dai Bitcoin e la loro rete è decisamente tangibile e reale. Bisogna infatti produrli in qualche modo, e per farlo sono di nuovo coinvolte fonti di energia non rinnovabile, andando così ad aumentare il nostro credito verso l’ambiente in fatto di emissioni.
Perché i bitcoin inquinano? Il consumo di energia elettrica dei bitcoin è tanto grande quanto poco considerato
La realizzazione delle criptovalute – non solo i Bitcoin, che sono i più noti, ma tutte le valute virtuali – avviene grazie a un processo chiamato mining che consiste nel risolvere complessi problemi matematici: chi mette a disposizione più potenza di calcolo vince e si guadagna così i nuovi Bitcoin. Ecco che iniziamo a capire: la creazione di criptovalute richiede il lavoro di numerosissimi computer ad alta potenza che, di conseguenza, sono molto energivori; in più, questa energia è spesso generata tramite combustibili fossili tra cui spicca in negativo il carbone, una tra le fonti più inquinanti.
Purtroppo, la richiesta di energia non finisce nel momento dell’«estrazione» del Bitcoin: il sistema delle criptovalute si basa non su un organo centrale che le valida, ma sulla blockchain, cioè una rete costituita da blocchi di dati la cui sicurezza è garantita da una catena crittografata. Di nuovo, per sostenere i calcoli necessari per la crittografia ci vuole un grande dispendio di energia, ed ecco che si torna così a generare emissioni e inquinare.
Per rendersi conto della grandezza del problema, il Cambridge Centre for Alternative Finance (CCAF), un ente di ricerca dell’Università di Cambridge, nel 2019 ha creato il CBECI, un indice che stima in tempo reale su una piattaforma online l’utilizzo di corrente elettrica per le attività di mining in tutto il mondo e offrendo comparazioni con altri tipi di uso dell’energia elettrica in modo da poter mettere in prospettiva i dati raccolti.
A luglio 2021, la rete delle criptovalute utilizza energia elettrica a un ritmo di 73 terawattora all’anno, circa quanto una nazione di medie dimensioni, confrontabile con Colombia, Bangladesh e Chile.
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CfER, un’alternativa alle criptovalute inquinanti
Non sono solo i Bitcoin a inquinare: come dicevamo anche Ethereum, la seconda valuta per diffusione, e Dogecoin si basano sullo stesso sistema, tanto che Ethereum ha già raggiunto quasi un terzo dell’energia richiesta da Bitcoin.
Sembra una strada senza via di uscita: chi estrae criptovalute lo fa in ogni momento del giorno, così sembra che questo mercato non si possa basare sulle fonti di energia rinnovabili perché troppo discontinue.
In realtà, una soluzione sembra arrivare da una startup trentina, Free Seas Società Benefit, che vuole unire un sistema digitale di emissione crediti (cioè i token) con il finanziamento di progetti di rigenerazione ambientale.
Il fatto di utilizzare la blockchain diventa un valore aggiunto, dando la garanzia che i progetti ambientali siano vidimati da tutti ciò che vogliono partecipare, perché saranno essi stessi i finanziatori: l'obiettivo a lungo termine è la creazione di un mercato italiano del credito per la rigenerazione ambientale, in cui i token – che attestano la rigenerazione avvenuta – vengano accettati come credito fiscale (o altra forma incentivante) per imprese e privati virtuosi, in quanto concreto investimento a beneficio della collettività.
Con questa startup, che sta raccogliendo finanziatori su eppela per il progetto pilota di raccolta di rifiuti in mare, potrebbe nascere allora la prima criptovaluta green italiana: i CfER - acronimo di Coin for Enviromental Regeneration - saranno emessi nel numero finito di 13 miliardi di token, con cui finanziare i progetti di rigenerazione da acquistare sia con valuta corrente che con altre criptovalute.
Con questa raccolta fondi verrà effettivamente validato lo schema di valutazione dell'impatto generato da un problema ambientale, in modo che sia replicabile e scalabile nelle diverse situazioni, realizzando allo stesso tempo la piattaforma blockchain e avviando la produzione di CfER.
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